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LA VECCHIAIA EMOZIONANTE

Ogni progetto richiede una motivazione… Negli anni, diversi sono i progetti a cui ho potuto partecipare, tra i quali, in particolare, quello nell’ambito dell’assistenza agli anziani fragili e Alzheimer, realizzato insieme a stimati colleghi e in partnership con importanti associazioni (ADA Lazio, AUSER Lazio, ANTEAS Lazio, ALZHEIMER UNITI Onlus, Casa della Solidarietà Onlus). Aldilà del progetto in sé vorrei soffermarmi a ricordare la fondamentale esperienza dello “stare in relazione”, come “strumento” che renda davvero possibile qualsiasi relazione d’aiuto. A questo proposito non posso fare a meno di ricordare un seminario tenuto dall’emerito dott. Fasolo sui pazienti anziani, un incontro ricco di spunti di riflessione. Primo fra tutti i pensieri risuonava il termine “VECCHIO”: Fasolo iniziò a parlare di sé come nonno in pensione introducendo, così, il gruppo di vecchi, muovendosi dai fattori terapeutici del gruppo al sovradosaggio. Il vocabolario dei sinonimi e contrari riporta: (sinon.) di tarda età, anziano, longevo, attempato, decrepito, antiquato, disusato, logoro, cadente; (contr.) giovane, nuovo, recente. E’ proprio qui il punto, vecchio può essere associato a qualcosa di passato, stra-usato o fuori moda e, quindi, qualcosa che non serve più, da buttare, da cambiare con il nuovo. Tuttavia, proprio citando Fasolo, parliamo di persone, di soggettività, di esperienze di vita…

In fondo un cambiamento richiede la consapevolezza di ciò che

è passato per fare in modo che vi sia la separazione da esso e l’individuazione del nuovo.

Il concetto di cambiamento, quindi, implica di per sé sia il declino sia lo sviluppo; Dewey (1939, in Laicardi, Pezzuti, 2000), parla del paradosso dell’invecchiamento e della maturazione. L’individuo nel passare degli anni diventa biologicamente vulnerabile fino a morire, nel contempo maturando in esperienza e conoscenza. Numerosi sono gli studi sul processo dell’invecchiamento (Zanetti et al., 2002) inteso come alternanza tra discontinuità e continuità, tenendo presente l’incidenza sulla continuità di un invecchiamento normale di malattie, eventi esterni, ecc… Tuttavia, anche la discontinuità porta in sé un’accezione “evolutiva”, quando rappresenta la possibilità di far riemergere risorse presenti ma dimenticate, di cui l’individuo può riappropriarsi (Laicardi, Pezzuti, op.cit.).

Ecco, quindi, l’importanza di “incontrare” l’immagine in fieri del vecchio: darsi la possibilità, nella pratica clinica, di non “prendere la massima distanza, con la più strenua oggettivazione possibile, dai vecchi, dal loro involuto modo di esprimersi, dalla loro paradossale, incompetente saggezza” (Fasolo, 2006, pag.39).

Solo così, infatti, si potrà “stare in relazione” attraverso la dinamica dell’ “incontro con l’Altro”.

Ogni progetto richiede un motus intrinsecamente correlato a emozioni, ma occorre che il professionista in primis possa riconoscerle per rendere ogni progetto realizzabile in modo autentico.



BIBLIOGRAFIA

Fasolo F. (2006), “Terapia di gruppo con gli anziani: quale “scientificità va garantita ai nostri anziani?”, Gruppi, Vol. VIII, N. 1.

Fasolo F. (2006), “Crescere anziani: il contributo integrativo della Gruppoanalisi”, in Scocco P., De Leo D., Pavan L. (a cura di), Manuale di psicoterapia dell’anziano. Bollati Boringhieri, Torino.

Fasolo F. (2007), Psichiatria senza rete, CLEUP, Padova.

Fasolo F. (2007), “Caregiver sarà lei! Un approfondimento sulle reti relazionali”, in Neve E., Berto I. (a cura di), Anziani non autosufficienti: prendersi cura di chi si prende cura. Fondazione E. Zancan, Padova.

Laicardi C., Pezzati L. (2000), Psicologia dell’invecchiamento e della longevità, Il Mulino, Bologna.

Zanzi, E. e Cavallero, P. (2000), L’anziano e il farmaco: corpo e pensiero tra sofferenza e rimedio, “Psicologia Europea“, n. 2, anno XII, Edizioni Universitarie Romane, Roma.

Zanzi, E., Venturelli, A. (2002), Psicologia dell’invecchiamento, “Bollettino d’informazione dell’Ordine degli Psicologi della Regione Emilia-Romagna“, n.1, Gennaio.



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